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La compagnia dell'anello

La cascata du Manzù

Sono rimasta a bocca aperta quando l’ho vista: una cascata nel mezzo dell’Appennino, ma soprattutto perché nonostante bazzichi la zona da tanto tempo non ne avevo sentito parlare.

È la cascata del Lago di Manzù raggiungibile in circa un’ora e mezza se non ci si perde lungo il tragitto… visto la poca segnaletica.

Il percorso non è particolarmente difficile, a parte nell’ultima parte quando sì è in prossimità del lago che in alcuni tratti scende deciso e leggermente esposto. La difficoltà è trovarlo.

Noi ci siamo persi diverse volte, infatti.

Inizio percorso

Intanto da dove si parte. Arrivati ai Piani di Praglia (Ceranesi, Genova) si supera la trattoria La Chellina si prosegue tra curve e tornanti fino a che non si trova sulla sinistra un’area picnic attrezzata detta “dei cacciatori” si torna un pochino indietro fino a che non si incontra – sempre sulla sinistra – uno slargo sterrato e dal lato opposto della strada ce ne è un altro. Si lascia la macchina lì e si parte. Lato sinistro vista mare. 

Per 15 minuti circa si procede sul sentiero sterrato ampio e panoramico, bisogna prestare attenzione perché ad un certo punto ad un bivio bisogna imboccare il sentiero tra due pietre – dove compaiono due cerchi gialli, uno per parte.

Se si procede dritti – come sbagliando abbiamo fatto noi – si sale per una decina di minuti e si arriva su un altopiano dove in lontananza si vede quello che ci aspetterà alla fine del percorso: la cascata e il lago.

Poi però non si può andare oltre e cosi abbiamo capito di avere sbagliato strada… 

Quindi se non volete fare la sosta panoramica prendete il sentiero segnalato con un cerchio giallo per parte, che procede prima in piano poi in leggera discesa, quando la discesa si fa molto scoscesa, fermatevi e alla vostra sinistra vedrete una frana e dall’altra parte il cerchio giallo. 

L’albero con il cerchio giallo. Da lì riprende il sentiero

(Questo è l’altro punto in cui ci siamo persi, continuando a scendere fino a che non era quasi più possibile procedere).

Se ci sono state forti piogge, scorrerà un pò di acqua sul fondo del terreno, passate dall’altra parte con pochi passi e il sentiero riprende per qualche minuto in piano poi la discesa continua più ripida e si entra nel bosco.

Ugo nel bosco

Qui inizia la parte più spettacolare del percorso: lo sguardo alterna vedute a 360 gradi con tratti nel bosco dove si sente forte l’acqua che scende impetuosa dalla cascata per fluire poi nel torrente Stura, che prosegue a valle, e raggiungere Masone.

Si scende per circa 15 minuti e poi superati un po’ di massi sul letto del fiume si arriva a destinazione. Il lago è ampio e profondo e la cascata veramente bella e impetuosa. Certo noi abbiamo fatto il trekking dopo una settimana di forti piogge e quindi l’acqua ci ha accompagnato lungo tutto il percorso, nel vero senso della parola: i piedi erano spesso nel fango e più volte abbiamo attraversato piccolo ruscelli.

La Cascata e il lago dove in estate è possibile fare il bagno

In estate la cascata non ha la forza e la portata del periodo piovoso che caratterizza l’autunno però si può fare il bagno.

Il percorso non è difficile ma presenta qualche punto critico. Lo sconsiglio se ha piovuto molto nei giorni precedenti.

Sono circa 7,8 km ma noi ne abbiamo fatti 11 perché ci siamo persi diverse volte.

Circa due e ore e mezza la durata del percorso complessivamente. Si torna indietro dalla stessa strada. 

Le foto sono di Ugo Roffi

A fine percorso, contenti anche senza il tuffo!
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Trekking nella storia

Nel cuore della Valle Pentemina

Trekking nella valle Pentemina tra boschi, borghi e antiche leggende

Tinello, uno dei borghi della Valle Pentemina – Foto Ugo Roffi

Isolata e un po’ dimenticata la Valle Pentemina non conquista al primo sguardo, ci vuole qualche ora per capirne la bellezza, la si deve attraversare e con calma guardarla dalle diverse prospettive mentre lentamente si sale e ci si addentra, nel silenzio delle montagne e dei pochi umani che la abitano.

Casolari lungo le valle

Negli anni ho raggiunto Pentema da diversi sentieri e cammini, mai da questa valle un po’ in disparte.

Siamo partiti, io e Ugo, – come al solito un po’ tardi – da Genova e dopo avere fatto la Doria Creto, raggiunto e attraversato Montoggio, quasi alla fine del paese si vede l’indicazione  per Gazzolo e ad un bivio si imbocca una strada stretta, noi dopo meno di un km o poco più abbiamo posteggiato, in realtà si può proseguire ancora e poi lasciare la macchina nel piccolo slargo/piazzetta del borgo.

foto Ugo Roffi

Il percorso inizia quando si lascia sulla sinistra l’ultima casa del piccolo nucleo, si prosegue ancora su asfalto fino a incontrare un ponte (Ponte nero) da qui si inizia a salire dolcemente ma costantemente. Piano piano ci si addentra nella valle, qua e là se si alza lo sguardo si vede qualche nucleo di case incastonato tra rocce e costoni… molte sono abbandonate, altre non si riesce a capire chi possa abitarci tanto dura sembra la vita lassù… qualche edificio invece è stato ristrutturato da poco. Guardare il mondo da questa valle silenziosa deve essere un’esperienza da provare!

Una leggenda narra che la valle, nei secoli scorsi, fosse frequentata da tipi poco raccomandabili, tra questi un bandito in fuga che trovò riparo a Pentema e siccome prima di morire si pentì… il paese divenne Pentema. Verità o leggenda chissà… ma in tanto si sale…

Dopo circa un’ora e mezzo si giunge a un bivio, la strada a sinistra porta alle frazioni di Vallecalda, Poggio e CaseVecchie a destra viene segnalata Pentema. Si segue per Pentema.

Dopo una brusca discesa si riprende a salire e dopo poco più di mezz’ora si raggiunge Serre di Pentema. Un tipico borgo del nostro Appennino: si entra scendendo una scalinata e si entra nel suo cuore fatto di antiche case contadine. Si alza lo sguardo e dall’altra parte c’è il resto della valle, qualche casa si intravede in lontananza, poi alberi e il sole delle due che nonostante sia gennaio scalda ancora.

Ugo sulla scalinata che entra in a Serre di Pentema

Incontriamo due signore che abitano in una casa lungo la strada – vengono nel week end – e ci raccontano che oltre loro c’è anche un’altra famiglia nei giorni festivi; un ragazzo ci vive anche durante la settimana… per il resto non c’è una gran folla!

Il borgo è un gioiellino, ci addentriamo per le strette vie e proviamo a immaginare com’era vivere lì nei secoli scorsi. Le signore ci consigliano di proseguire il cammino fino a raggiungere Tinello, l’altra frazione prima di Pentema.

Imbocchiamo un sentiero in paese e improvvisamente ci troviamo immersi nel bosco e nei muri a secco. Alcuni sono alti diversi metri e ancora in buono stato, altri crollati, persi tra la terra e le foglie ed è chiaro come questi muri delimitassero proprietà, recuperassero terreno prezioso per essere coltivato in un tempo che a noi sembra lontanissimo. 

Il sentiero nel bosco che arte da Serre

Dopo qualche passo si sbuca sul tracciato principale.

Tinello sembra un po’ il villaggio di Frodo, immerso nel verde dei suoi prati, piccolissimo, una manciata di case. È tutto chiuso, passiamo in una piazzetta, poi attraversiamo una porta antica, sembra quasi di entrare in casa di qualcuno. Un paese bellissimo nel suo isolamento. Vorremmo andare avanti, raggiungere Pentema, che vediamo in lontananza, ma ci vorrà ancora un’ora buona di strada.

Edificio a Tinello

Ci fermiamo perché tra una chiacchiera e l’altra non è che siamo andati troppo di buon passo. E ci resta tutta la strada del ritorno.

In conclusione si tratta di un trekking semplice ma lungo: per arrivare fino a Pentema ci vogliono tre ore buone e poi si deve tornare indietro. Anche se al ritorno è quasi tutta discesa. Ad ogni modo non ci sono grandi pendenze.

Si cammina per lo più su asfalto rovinato e su sterrato; soprattutto la parte iniziale della strada è su asfalto e devo dire che toglie un po’ di romanticismo… ma le macchine che passano sono poche. Se si è in vena di avventura e si ha una jeep si può pensare di arrivare almeno fino a Serra di Pentema in macchina, dopo la strada è veramente brutta, oltre che stretta. Il mio consiglio è farla a piedi!

Per quanto riguarda noi, per fare l’itinerario descritto ci abbiamo impiegato circa 4ore e 30 minuti; la previsione andata e ritorno fino a Pentema almeno sei ore.

La Valle Pentemina è nel comprensorio del Parco dell’Antola e si raggiunge o da Montoggio o da Torriglia. Noi siamo passati da Montoggio.

Molte info per trekking nella zona si possono trovare nella guida di Andrea Parodi e Alessio Schiavi: La catena dell’Angola, Andrea Parodi editore

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La compagnia dell'anello Trekking nella storia

Stonehenge alla ligure

La meraviglia della natura e il mistero della storia si incontrano sulla Strada Megalitica anche conosciuta come la Stonehenge” del Beigua, un itinerario nel cuore della preistoria particolarmente interessante sia da un punto di vista storico che naturalistico.

Alcune pietre di dimensioni impressionanti lungo il tracciato

Siamo a pochi chilometri da Varazze – nel Parco Regionale del Beigua – e l’itinerario alla scoperta di queste antiche e maestose pietre parte dalla piazza di Alpicella (posteggio). Da qui si prosegue lungo via Ceresa (indicazioni: NTL), la strada oggi asfaltata taglia la costa del monte anticipando la vista del Monte Greppino e prosegue (almeno per 45 minuti) fino all’imbocco del sentiero vero e proprio che condurrà verso la Strada Megalitica. È un sentiero piuttosto semplice e adatto a tutti quello che dopo poco meno di un’ora conduce alla Stonehenge del Beigua (indicazione N).

Lungo il tracciato si incontrano moltissimi muri a secco, per lo più abbandonati e in decadenza ma che segnalano come l’area fosse un luogo antropizzato sin dall’antichità; ed è in un crescendo di bellezza e stupore che si entra passo dopo passo nella preistoria. 

Non c’è foto che tenga, una volta varcata la soglia l’incanto cattura l’occhio e anche il camminatore meno attento non può che rimanere senza fiato mentre cammina nella penombra del bosco lungo su un viale lastrico bordato da un filare di maestosi faggi e affiancato da possenti pareti di pietra. La parete nord è costituita da macigni ormai quasi completamente abbattuti, mentre la parete a valle è formata da una successione di pietre di diversa misura sino a costruire un muro continuo. 

Il percorso termina in corrispondenza di un cerchio di pietre fitte affiancate al cui centro si trova un masso orientato verso il Monte Greppino.

Foto Ugo Roffi

Lungo il tracciato si incontrano diversi cartelli informativi che suggeriscono come il percorso sia caratterizzato da elementi che fanno pensare alla cultura celtica e che presuppongono un uso dell’area per scopi rituali e religiosi.

Lungo il cammino si può fare una deviazione e in poco meno di trenta minuti si raggiunge il Monte Greppino (indicazione T), rilievo nudo e roccioso, famoso sin dall’antichità per la sua caratteristica di attirare i fulmini e per questo era ritenuto sacro. Da qui si gode un ottimo panorama, dal Monte Beigua alle spiagge del ponente ligure.

Panorama dal Monte Greppino – Foto Ugo Roffi

Il cammino può proseguire fino alla Cappelletta Faie dove si raggiunge con una larga carrareccia che scende dolcemente e ripercorre le tappe della Via Crucis e termina al bivio dove si trova la Cappelletta. Andando a destra (seguendo la strada asfaltata) si torna dopo più di un’ora ad Alpicella. In alternativa si ritorna sui propri passi ripercorrendo la strada megalitica e l’itinerario già fatto a ritroso.

Per effettuare il percorso si consiglia di visitare il sito del parco: www.parcobeigua.it

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La compagnia dell'anello Trekking nella storia

I sentieri napoleonici del Beigua

Due sentieri tra storia e natura per riportare l’attenzione sulla straordinaria bellezza di questo parco ancora una volta sotto minaccia.

La chiamano la Montagna con vista mare e in effetti lo spettacolo da lassù e straordinario: lo sguardo va dalla riviera di levante e quella di ponente, le Alpi Liguri, la Pianura Padana, l’Appennino ligure e tosco-emiliano, le Alpi Apuane e in fine la Corsica. In una parola: l’immensità.

Ancora titanio

In questi giorni il Parco è tornato agli onori delle cronache, non per le sue bellezze, come sarebbe giusto, ma per l’ennesimo tentativo della CET, società mineraria con base a Cuneo, di avviare indagini finalizzate all’apertura di una miniera a cielo aperto per l’estrazione del rutilo (titanio). La vicenda va avanti da circa quarant’anni (chi volesse approfondire può leggere qui), ma mentre prima la Regione Liguria aveva sempre negato il permesso di estrazione, questa volta, uno zelante funzionario, come ultimo atto prima di andare in pensione, ha firmato il decreto che dà il via libera alla ricerca di titanio per tre anni in un’area appena fuori dal Parco, ma comunque tutelata. 

Sembra incredibile ma le cose stanno così. Le associazioni ambientaliste, insieme a cittadini e amministratori del territorio hanno lanciato subito una petizione (si può firmare qui) che ha raccolto 23.000 firme in dieci giorni. Regione Liguria, fin dall’inizio ha cercato di minimizzare, però ad oggi non ha ancora ritirato il decreto. 

Memorie napoleoniche

L’itinerario proposto vuole essere un’occasione per fare conoscere questo parco che non è solo ricco di biodiversità e bellezze naturali, ma custodisce anche preziose memorie del nostro passato. Su questa montagna francesi ed austriaci combatterono per 7 giorni dal 10 al 16 aprile 1800. Il massiccio del Beigua fu teatro di sanguinosi combattimenti e oggi è possibile rivivere la storia di quelle terribili giornate attraverso una serie di tavole disposte lungo i percorsi. .

Pannello esplicativo a Pian di Stella – Foto Ugo Roffi

L’itinerario giallo (versante padano) e quello rosso (versante marino) si possono fare singolarmente oppure si può scegliere – facendo un breve sentiero che li unisce – di fare un anello. Noi, essendo fatalmente attratti dagli anelli… ci siamo cimentati e abbiamo impiegato circa 3 ore e 30 minuti, pause escluse. Entrambi partono da Pian di Stella (m. 1220) poco sotto la vetta del Beigua.

Quando i due itinerari si incrociano

L’anello

Se si sceglie di percorrerli entrambi con l’anello, il mio consiglio è partire dall’itinerario giallo dove in breve tempo si raggiunge un altipiano panoramico: lo sguardo spazia tra la val padana e le maggiori cime piemontesi; si prosegue con un cammino semplice e piacevole e ben segnalato fino ad arrivare in un bosco, qui bisogna stare attenti a non perdere la strada, nonostante il sentiero sia sempre segnalato bene, noi abbiamo avuto qualche difficolta, quindi prestare attenzione. Poco dopo si incrocia il sentiero per Santa Giustina e in breve è possibile unirsi con l’altro itinerario, quello rosso. 

Lungo tutto il tragitto si incontrano tavole che segnalano punti di interesse naturalistico e storico. Emozionanti quelle che raccontano gli scontri e i combattimenti che ci furono tra francesi e austriachi. 

Si legge: “Il 12 aprile 1800 il contrattacco francese sul Beigua si infranse lungo i pendii di Monte Cavalli. Su questa forte posizione più di tremila soldati ungheresi resistettero al nemico sino al tramonto. Dal Monte Cavalli gli Imperiali scesero più volte rispondendo con le baionette agli assalti francesi”

Si chiude l’anello con una salita abbastanza dritta, ma breve (20 minuti), quando si torna al punto di partenza, a Pian di Stella, consiglio, se si è partiti dall’itinerario giallo di riprendere l’inizio del itinerario rosso in modo da fare visita anche al cippo 1 da dove si gode un panorama mozzafiato della Liguria. (Vanno aggiunti al percorso altri 30/40 minuti).

Naturalmente chi decidesse di cimentarsi in questo trekking, è meglio consulti prima il sito del Parco Beigua, completo di tutte le info. Questo racconto vuole essere solo uno spunto.

Partenza: per entrambi gli itinerari Pian di Stella, Parco Beigua

Durata: per l’anello 3 ore 30’’ 

Itinerario fatto nel inverno del 2019 e nella primavera del 2020.